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Опера Флоренции: Иоланта очаровывает, но не прельщает. Но действительно ли это ее вина?

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Serata delle grandi occasioni per il primo appuntamento operistico,  con carabinieri  in alta uniforme e finalmente platea con giacca e cravatta, persino qualche abito da sera.  Anche se il Maggio Musicale Fiorentino  si è ufficialmente aperto alcuni giorni fa con il concerto di  Mehta,  in fondo rimane l’opera l’evento e l’appuntamento più atteso; e questo senza nulla togliere a un carnet di concerti ricco e invitante. Tre soli titoli e nessuno di essi “tradizionale”; anzi il secondo addirittura, Lo specchio magicodi Fabio Vacchi, è una prima assoluta (peraltro con una sola recita, il 7 maggio). Del resto, il glorioso festival fiorentino è nato con questo spirito: rappresentare opere meno note e cercare di ampliare il repertorio, compito che in passato è stato assolto egregiamente.

Questo forse il pubblico dovrebbe ricordarselo più spesso, soprattutto quando, come in questo caso, lo spettacolo è valido. Certo, Iolanta, l’ultima opera di Ciajkowsky è un titolo  poco noto, non facilissima a un primo ascolto, anche se soprattutto la seconda parte contiene pagine di una bellezza straordinaria.  Oltre a questo, quando un’opera presenta un buon cast vocale, una direzione d’orchestra competente e convincente e una scenografia “moderna” ma non oscena (anzi), ci si potrebbe anche “sciogliere”  un po’ di più con gli applausi.

Invece niente, o poco. Alcuni bellissimi passaggi di alcuni cantanti, soprattutto il tenore e il baritono, passano quasi inosservati, qualche cenno di applauso che qualche ardito cerca di lanciare, ma che viene ripreso con poca convinzione ed entusiasmo. Il consenso poi arriva, in fondo allo spettacolo, ma tutto sommato contenuto, come se i presenti -  peraltro non numerosissimi malgrado la serata importante  - ci stessero ancora pensando su..

Si spera veramente che le tre prossime serate rendano giustizia alla vicenda della figlia di Renato d’Angiò, chiusa nel suo mondo e nella sua cecità e che l’amore restituirà alla luce e alla vita . Cesare Orselli, nel suo saggio introduttivo nel programma di sala, parla di “cammino verso la resurrezione” e sottolinea giustamente le interessanti affinità di quest’opera con il clima decadente e simbolista di fine ottocento, i cui echi si possono trovare anche nella musica, soprattutto in quella strumentazione che era piaciuta poco a Rimsky  - Korsakov ed è invece uno dei punti di forza dell’opera.

L’ Allestimento del Metropolitan Opera House e Teatr Wielki Opera Narodowa è firmato dalla regia di Mariusz Treliński, con le scene di Boris F. Kudlička e i costumi di Marek Adamski.  La scenografia rinuncia dunque all’ambientazione  nella provenza del Quattrocento, che rientra perfettamente nel clima culturale del decadentismo e simbolismo di fine Ottocento, con il suo “sentore di innocenza e di mistero”; ma bisogna ammettere che la soluzione di Kudlica, una stanza ambientata in una foresta a dimensione cinematografica,  con proiezioni di animali in tre dimensioni e la stanza con corna di cervo ha il suo fascino, grazie soprattutto al gioco di luci, abilissimo, di Marc Heinz, nella gradazione dalle tenebra, alla penombra,ai giochi di luce sino al suo trionfo. La regia cerca  di movimentare  una vicenda sicuramente un po’ statica, a volte con mezzi un po’ discutibili, dando una dimensione un po’ troppo caricaturale ad esempio al duca di Borgogna, amico di Vaudemont e fidanzato “ufficiale”, anche se tutt’altro che entusiasta, di Iolanta. Va bene che l’aristocrazia di oggi non sarà più quella di un tempo, ma un duca di Borgogna che rientra in scena tirandosi su la lampo alludendo col gesto alla soddisfazione di un bisognino fisiologico è forse un tantino troppo. Prendiamola comunque come una “goliardata” stile Falstaff, in fin dei conti in passato si è visto ben di peggio e tutto sommato la regia funziona: I personaggi , pur senza perdere il richiamo a una dimensione simbolica, si muovono sulla scena, sono “reali” e credibili anche se forse poco … regali, anche per via dei costumi in qualche caso francamente eccessivi: giubbotti di pelle e sci (in una foresta poi!) sono decisamente … fuori stagione.

Davvero lodevole il cast vocale, anche se la scarsa conoscenza dell’opera non consente un’analisi particolarmente approfondita. C’è però da dire che i cantanti meritavano davvero un apprezzamento maggiore: soprattutto il tenore Vsevolod Grivnov, dotato di una voce da  lirico  che include nel suo repertorio anche ruoli da lirico – drammatico, come quello di Don Josè: una bella voce calda e potente, robusta e bene impostata, capace di affrontare più che degnamente un ruolo dalla tessitura certo non facile.  Il duca Robert di Mikołaj Zalasiński  è dotato di una buona ed ….esuberante   presenza scenica, ma anche di una bella voce baritonale, potente e duttile.  La  Iolanta di Victoria Yastrebova rende molto bene scenicamente il personaggio di una fanciulla ingenua ma anche decisa,  con una voce dotata di una certa freschezza e eleganza, anche se non particolarmente potente.  Anche gli altri ruoli vocali sono stati più che soddisfacenti, come il coro del Maggio diretto da  Lorenzo Fratini, anche se il coro in quest’opera non ha un grande rilievo.

Il giovane direttore Stanislav Kochanovsky ha offerto una lettura appassionata e attenta, con un dosaggio di effetti calibrato e definendo le varie atmosfere che  emergono dalla partitura, da quella quasi preraffaellita dell’incipit al bellissimo e iridescente finale,  coni toni vagamente impressionisti decisamente insoliti in  Ciaikowski .

Prossime rappresentazioni:  30 aprile, ore 15,30;  3 e 5 maggio, ore 20,00. Decisamente da vedere.

by Domenico Del Nero